storie dal mondo marziale filippino.
Il kali è un’arte marziale filippina che, per il contesto storico/geografico in cui si è evoluta e le continue battaglie che l’hanno forgiata, ha dovuto mettere grande enfasi nell’uso delle armi.
Per spiegare questo mi piace citare un evento storico particolare, ovvero la morte del navigatore Magellano per mano degli indigeni di Mactan nel 1521.
Questo evento è stato riportato nel diario di un navigatore,geografo italiano Antonio Pigafeta che si trovava a bordo della nave e lo trovo un affascinante viaggio nel tempo.
Riporto dal suo diario:
“Venere, a ventisei de aprile, Zula, principale de quella isola Matan, mandò uno suo figliuolo
con due capre a presentarle al capitano generale e dicendoli come li mandava tutta sua promessa, ma
per cagion de l’altro principale, Celapulapu, che non voleva obbedire al re di Spagna, non aveva
potuto mandargliela… A mezza notte se partissemo sessanta uomini armati de corsaletti e celate, insieme al re
cristiano, li principi e alcuni magistri, e venti o trenta [dei] balangai, e tre ore innanzi lo giorno
arrivassemo a Matan. Lo capitano non volse combatter allora; ma li mandò a dire, per lo Moro, che
se volevano obbedire al re di Spagna e recognoscere lo re cristiano per suo signore e darne lo nostro
tributo, li sarebbe amico: ma, se volevano altramente, aspettasseno come ferivano le nostre lance.
Risposero [che] se avevamo lance, [loro] avevano lance de canne brustolate e pali brustolati, e che
non andassimo allora ad assaltarli, ma aspettassemo [che] venisse lo giorno, perchè sarebbono più
gente.Questo dicevano, a ciò [che] andassemo a ritrovarli, perchè avevano fatto certi fossi tra le case
per farne cascar dentro. Venuto lo giorno, saltassemo ne l’acqua fino alle cosce quarantanove
uomini; Li battelli non poterono venire più innanzi per certe pietre che erano nell’acqua. Li altri undici uomini
restarono per guardia de li battelli. Quando arrivassemo in terra, questa gente avevano fatto tre
squadroni de più de millecinquecento persone. Subito, sentendone, ne venirono addosso con voci
grandissime, due per fianco e l’altro per contro. Lo capitano, quando viste questo, ne fece due parti e
così cominciassemo a combattere…Vedendo questo, lo capitano generale mandò alcuni a brusare le sue case per spaventarli.
Quando questi visteno brusare le sue case, diventarono più feroci. Appresso de le case furono
ammazzati due de li nostri, e venti, o trenta case li brusassemo; ne venirono tanti addosso, che
passarono con una frezza venenata la gamba dritta al capitano.. Le bombarde de li battelli, per esser troppo lungi non ne
potevano aiutare; … Questi, conoscendo lo capitano, tanti se voltorono sopra de lui,
che due volte li buttarono lo celadone fora del capo; ma lui, come buon cavaliero, sempre stava
forte. Con alcuni altri più de una ora così combattessemo e, non volendosi più ritirare, uno Indio li
lanciò una lanza de canna nel viso. Lui subito con la sua lancia lo ammazzò e lasciogliela nel corpo;
volendo dar di mano alla spada, non potè cavarla, se non mezza per una ferita de canna [che] aveva
nel brazzo. Quando visteno questo tutti andorono addosso a lui: uno con un gran terciado (che è
como una scimitarra, ma più grosso), li dette una ferita nella gamba sinistra, per la quale cascò col
volto innanzi. Subito li furono addosso con lancie de ferro e de canna e con quelli sui terciadi, fin
che lo specchio, il lume, el conforto e la vera guida nostra ammazzarono.”
Su quella spiaggia tutt’ora esiste un monumento a ricordo della battaglia.